Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


domenica 9 febbraio 2014

GLI ATTIVISTI NO MUOS, CONTINUAMENTE DENUNCIATI, PREPARANO DUE MANIFESTAZIONI: IL 22 FEBBRAIO CON IL COMITATO NO MUOS DI CATANIA, IL 1 MARZO MANIFESTAZIONE NAZIONALE ALLA SUGHERETA

Ingresso non autorizzato in una struttura militare, interruzione di pubblico servizio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Sono i reati contestati in questi mesi agli attivisti contrari alla costruzione dell’impianto di antenne satellitari dell’esercito Usa a Niscemi. Ieri, a Catania, hanno parlato dei propri problemi legali alla presenza di alcuni avvocati. E pianificato una prima manifestazione per giorno 22 febbraio, «per denunciare il paradosso di una attività repressiva, mentre sono state commesse violazioni nel cantiere».

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Dall’ingresso non autorizzato in una struttura militare, reato punibile con sanzione amministrativa, passando per l’interruzione di pubblico servizio, fino ad accuse ben più gravi, quali resistenza e violenza a pubblico ufficiale. «Reati per i quali molti di voi sono indagati, ma è difficile al momento fare ipotesi sull’iter», chiarisce l’avvocato Goffredo D’Antona ai militanti No Muos, ieri sera a Catania per fare il punto su una situazione giudiziaria dagli esiti ancora incerti. E non solo per quanto riguarda gli attivisti, ma anche per l’oggetto delle loro manifestazioni: l’impianto di antenne satellitari della marina militare Usa da poco concluso a Niscemi.
D’Antona fa parte del pool di legali che assiste i manifestanti, provenienti da tutta la Sicilia, raggiunti in questi giorni da decine di notifiche dalle procure di Caltanissetta e Gela per i reati che avrebbero commesso nel corso delle varie manifestazioni dell’ultimo anno contro la base Usa niscemse. «C’è un paradosso tra questa attività, repressiva, e le violazioni commesse nel cantiere», afferma l’avvocato Paola Ottaviano. «Un impianto costruito in area protetta, con illegittimità nell’iter autorizzatorio, mancanza del certificato antimafia per alcune ditte che vi lavorano. E anche profili di incostituzionalità», afferma il legale, che sta portando avanti un ricorso al tribunale amministrativo regionale, «sull’abusività della costruzione, il cui esito è atteso per il 27 marzo e che, se accolto, potrebbe cambiare realmente il quadro della situazione», afferma.
Nell’attesa, i militanti sono concentrati nell’organizzazione di due manifestazioni: la più grande sarà giorno 1 marzo e si svolgerà in contrada Ulmo, arrivando alla base militare che si trova dentro l’area protetta della Sughereta. «Giorno 22 febbraio ci sarà invece una mobilitazione a Caltanissetta, che arriverà fino in prefettura», ricorda Alfonso Di Stefano, del comitato No Muos di Catania. Sarà «un momento di denuncia della situazione, a Caltanissetta, dove non si agisce sui rilievi anche penali della costruzione», continua Ottaviano.
«La manifestazione sarà in contemporanea a quella nazionale contro la costruzione della Tav, andremo a informare la cittadinanza su quanto accade», afferma Elvira Cusa, uno dei membri più attivi del comitato No Muos di Niscemi. E’ venuta a Catania anche lei per esporre ai legali il suo caso, con varie denunce accumulate e una perquisizione e il sequestro di una macchina fotografia e del computer, nei giorni scorsi, in casa. «Anche un altro compagno ha subito una perquisizione», ricorda ai presenti. «Nuove denunce continuano a arrivare agli attivisti, soprattutto per l’ingresso in massa nella base del 9 agosto. Al momento siamo sette i legali a fare supporto ai denunciati, divisi tra Niscemi, Catania e Messina», conclude Ottaviano.

[Foto di Fabio D'Alessandro]




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Attilio Manca: se questo è un suicidio

manca-famiglia-bigPubblicate le foto-choc del cadavere del giovane urologo

di Lorenzo Baldo - 6 febbraio 2014

Un pugno nello stomaco. Eccole le prime immagini del cadavere di Attilio Manca pubblicate sul sito della trasmissione “Chi l’ha visto?”. La domanda è immediata: e questo sarebbe un suicidio?
Le fotografie restituiscono una prospettiva totalmente diversa. Che per altro era saltata subito agli occhi dei familiari e dello stesso avvocato Fabio Repici, recentemente affiancato da Antonio Ingroia. Così come è riportato nel sito dedicato al giovane urologo barcellonese Attilio Manca veniva ritrovato cadavere verso le ore 11 del 12 febbraio 2004. Il suo corpo si trovava riverso trasversalmente sul piumone del letto (che era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Come si vede dalla prima immagine dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue (che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento). Si può notare altresì che il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale, mentre sui suoi arti erano visibili macchie ematiche.
L’appartamento era in perfetto ordine, nella stanza da letto si trovava ripiegato su una sedia il suo pantalone, mentre incomprensibilmente non furono rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago. Dalle prime indagini era risultato che in cucina non v’era traccia di cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, indubbiamente usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello proteggi-stantuffo, e due flaconi del sedativo “Tranquirit”, uno dei quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà. Il medico del 118, alle ore 11,45 del 12 febbraio (dopo aver effettuato l’accertamento del decesso), attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio. Dalle prime ricostruzioni veniva accertato che, a partire dalle ore 20 circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o di presenza, con amici e colleghi. Inspiegabilmente la sera del 10 febbraio aveva infatti deciso di non partecipare, contrariamente al solito, ad una cena fra colleghi. Nei giorni precedenti aveva chiesto e ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni. Stranamente - e senza alcuna comunicazione preventiva - il giovane urologo non si era però presentato a quell’appuntamento. Un vicino di casa, sentito lo stesso 12 febbraio, aveva dichiarato agli investigatori che la sera prima, verso le 22,15, aveva sentito il rumore della porta di casa di Attilio che veniva chiusa. Un dato preciso che attestava che in quel momento il dott. Manca tornava a casa o, viceversa, che qualcuno, a tutt’oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora molto vicina alla morte di Attilio. Tutte queste “anomalie” avrebbero dovuto portare immediatamente ad indagini approfondite. Che invece non sono state fatte. Ecco allora che a distanza di 10 anni si riparte da zero. Chi è stato l’ultimo a incontrare il giovane urologo nel suo appartamento? Il setto nasale deviato è evidentemente frutto di una colluttazione, ad opera di chi? E inoltre: chi avrebbe avuto interesse a mettere a tacere per sempre Attilio Manca e per quali ragioni? Una mera questione di droga? O un “favore” richiesto da Cosa Nostra? Queste ed altre ancora sono le domande che pretendono risposte esaustive e soprattutto definitive. Il processo che inizierà il prossimo 12 giugno segna la prima tappa di un viaggio tortuoso. Che in molti hanno cercato di impedire. Ma la verità, prima o poi, è destinata ad emergere in superficie. Anche per Attilio Manca. Nel frattempo resta il dolore di due anziani genitori e di un fratello che, dopo aver visto per la prima volta queste foto terribili del proprio congiunto, chiedono espressamente che siano proprio queste stesse immagini a riaccendere l’attenzione su quello che non è - e non sarà mai - un suicidio.

FOTOGALLERY (visione sconsigliata ad un pubblico sensibile)




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