Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


sabato 21 dicembre 2013

RAPITO L'INTERPRETE DEL FILM DI SAMANTHA COMIZZOLI SULLA PALESTINA


sabato 21 dicembre 2013

 



Mentre le associazioni in Italia stanno preparando le serate del tour del film “SHOOT”, sulla Resistenza Palestinese non violenta, di Samantha Comizzoli; è arrivata la brutta notizia. Venerdì mattina uno dei due protagonisti del film, Murad Shtaiwi di Kuffr Qaddum, è stato rapito da israele.

Le modalità sono, come al solito, alquanto dubbie ed è per questo che lo definiamo “rapimento” e non arresto.

Durante la notte c'è stato un raid dei soldati israeliani nel villaggio di Kuffr Qaddum e hanno arrestato due abitanti; poi, sono andati nella casa di Murad a devastarla un po' e lo hanno minacciato che se avesse continuato ad organizzare le manifestazioni del venerdì lo avrebbero arrestato.

Il venerdì mattina Murad ha ovviamente confermato la manifestazione e due ore prima dell'inizio, mentre camminava sulla strada principale, è stato vittima di un agguato. I soldati sono sbucati da un nascondiglio, lo hanno ferito ad una gamba e portato via. Murad non ha fatto resistenza. Da allora non si hanno più notizie.

Murad Shtaiwi è il coordinatore della lotta non violenta di Kuffr Qaddum e lavora per il Dipartimento della Pubblica Istruzione.

Purtroppo questa è la normalità, orribile, in Palestina e tutto quello che stiamo facendo è proprio per denunciare questi crimini e smuovere le autorità e l'opinione pubblica internazionale.


Il tour del film, che inizia proprio da Ravenna il 19 gennaio pomeriggio, servirà anche a denunciare questo ennesimo crimine grazie alle voci degli altri Palestinesi invitati in Italia: Hakima Motlaq Hassan di Asira e Odai Qaddomi di Kuffr Qaddum. Per la libertà di Murad, di tutti i prigionieri politici palestinesi (211 bambini), per la fine dell'occupazione della Palestina noi proseguiamo Resistendo.










LA TESTIMONIANZA DI UN SECONDINO SULLE TORTURE NEL CARCERE DI ASTI

venerdì 20 dicembre 2013 15:28

di Franco Fracassi

«Il carcere è un mondo a sé. E non ci sono testimonianze. C'è la testimonianza mia, c'è la testimonianza di alcuni detenuti, qualche filmato dell'interno di un carcere che si è riusciti a mostrare. La violenza e l'omertà sono la regola dentro una prigione». Andrea Fruncillo è un'ex guardia carceraria della prigione di Asti. «Non ce la facevo più a convivere con tutto questo stando zitto. Quello delle carceri è un mondo di merda. È ora di iniziare a spalarla».

Ecco un esempio del livello di conversazioni che avvengono all'interno di quel carcere. Cinque poliziotti sono stati messi sotto inchiesta per aver abusato di due detenuti. Questa è una delle intercettazioni che li hanno incastrati: «Poi vengono solo quando sono in quattro o cinque. Così è facile picchiare le persone». «È bello». «Ma che uomo sei. Devi avere pure le palle. Lo devi picchiare. Lo becchi da solo e lo picchi. Io, la maggior parte che ho picchiato, li ho picchiati da solo. Ma perché comunque qua non c'hai grattacapi. Non c'è niente. Perché con questa gente di merda. Hai capito?».

Fruncillo ha lavorato ad Asti tredici anni. È stato l'unico a testimoniare delle torture che avvenivano nella cella di isolamento: «Quando arriva qualcuno che ha aggredito un agente, anche fuori dal carcere, non importa. Questa persona arriva già con una lettera di raccomandazioni. Questo ha sbagliato. Fino a che c'ha il processo lasciatelo stare. Poi, finite le udienze dategli una sistemata. Lo sistemavano. Lo portavano lì e prendeva botte dalla mattina alla sera. Ma quello è il minimo. Perché poi non li facevamo mangiare. Lo lasciavi pure due tre giorni senza mangiare. Gli mettevamo il piatto lì davanti alla cella. Lui non ci arrivava. E non lo facevamo mangiare. Ho assistito a tanti pestaggi. Quante volte è capitato che stavo in servizio e mi dicevano: "Andrea mi prepari una cella che stiamo portando uno". All'entrata dell'isolamento non funzionano le telecamere. Un'anticamera davanti a una delle celle. Quando arrivavano lì venivano denudati e picchiati. Era un vanto. "Io ho fatto quella cosa lì. Io ho fatto quella cosa là". Era un vanto. E lo è tuttora penso. Un detenuto non può fare nulla. Perché tanto non viene mai ascoltato».

Perché tanta violenza? «Quando arrivi all'esasperazioni picchi. Quando c'hai i problemi a casa. Più i problemi che ti creano in carcere. Più quello che ti rompe le scatole. Da qualche parte ti devi sfogare», spiega l'ex secondino.

Per essere ancora più chiaro, Fruncillo racconta un episodio di cui è stato testimone: «È entrato questo ragazzo. Viene messo in isolamento. Non c'era modo di avvicinarsi e di aprirgli la cella. Come aprivi la cella picchiava tutti. Perché lui si dichiarava innocente. Al che per debilitarlo era stato deciso di farlo mangiare di meno, di non dargli le razioni, in modo che gli fossero venute a mancare le energie. Il ragionamento era: "Se dobbiamo spostarlo, se arriva l'avvocato non gli possiamo dire: No, non te lo faccio uscire dalla cella". È stato fatto così, finché non si è debilitato un po'. Una sera è stata fatta un'ordinanza per mandarlo all'ospedale psichiatrico a Reggio Emilia. A Reggio Emilia quando arrivano tipi come lui, che sono animali ti legano al letto. È tornato da noi debilitato. È stato portato in cella in carrozzella. Magro, secco come un chiodo. Non ce la faceva neanche a mangiare. Quando arrivavano il pranzo e la cena mandavamo un altro detenuto per farlo imboccare. Fino a che non lo hanno scarcerato e dopo due giorni è morto. Un giorno parlando del più e del meno con un collega si è detto: "Ve lo ricordate quel ragazzo? Ma lo sai che alla fine era innocente veramente. Lo hanno assolto". Lo hanno trattato così perché diceva che era innocente. Non gli ha creduto nessuno. Alla fine è morto. La mamma ce lo disse. La mamma».