Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


mercoledì 2 ottobre 2013

Torturava a Bolzaneto, stuprava in Questura

Mercoledì 02 Ottobre 2013 09:55 


altIeri la terza sezione penale della Cassazione ha condannato l'assistente capo di polizia Massimo Luigi Pigozzi a 12 anni e mezzo di reclusione per lo stupro di diverse donne in stato di fermo all'interno delle camere di sicurezza della Questura di Genova. Il nome del poliziotto Massimo Pigozzi torna tra le pagine di giornale, mentre la memoria (che è dura a morire per noi) ci riporta al 14 giugno 2013 quando il suo nome compariva tra le 7 condanne -tra forze dell'ordine e medici- emesse dalla quinta sezione penale della Cassazione per le violenze perpetrate nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001. Tra le numerose torture inflitte ai manifestanti in quel giorno, Pigozzi ha letteralmente strappato la mano a un manifestante divaricandogli le dita, provocandogli una lesione permanente che nemmeno i 25 punti di sutura sono stati in grado di evitare.
Condannato a tre anni e due mesi, il torturatore e stupratore Pigozzi ha continuato indisturbato a fare il suo sporco lavoro all'interno della Questura di Genova, emblematico di una “giustizia” -se così si può chiamare- che va a senso unico. Ad essere condannato, anche lo Stato, obbligato a risarcire una delle donne stuprate (costituitasi parte civile nel procedimento) che ha fatto ricorso di fronte alla decisione dei giudici riguardo all'assenza di responsabilità civile del ministero dell'Interno per il comportamento del poliziotto. Ricorso accolto dalla Cassazione, davanti alla palese responsabilità che lo Stato ha avuto nel garantire a Pigozzi il regolare svolgimento di pubblico servizio nonostante si fosse già reso attore in prima persona delle torture a Bolzaneto.
Non è una condanna di reclusione a 12 anni e mezzo -con i molti modi che ci saranno per scontarla- a “ricompensare” il danno e il dolore subito dalle donne stuprate, né la condanna di Bolzaneto a ridare al manifestante il completo utilizzo della mano. Tanto meno possiamo ritenere il comportamento di Pigozzi un caso isolato, giacché la logica della “pecora nera” è lungi dal rispecchiare una realtà a volte sin troppo sommersa e che con perseverante impegno si vuole tenere nascosta, ma che di tanto in tanto, riaffiora tra le pagine dei quotidiani, rivelando la vera natura di un'istituzione marcia fino al midollo.


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2 ottobre 1968: il massacro di Tlatelolco


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Il massacro di Tlatelolco (circa 300 vittime) avvenne il 2 ottobre 1968 nella Piazza delle tre culture a Tlatelolco, Città del Messico, dieci giorni prima dell’inizio dei Giochi della XIX Olimpiade che si svolsero a Città del Messico dal 12 ottobre al 27 ottobre 1968.
Il presidente di allora Gustavo Diaz Ordaz, settimane prima del massacro ordinò all’esercito di occupare il Campus universitario. L’esercito indiscriminatamente picchiò molti studenti e per protesta il rettore Javier Barros Sierra si dimise il 23 settembre.
Le proteste degli studenti non diminuirono. Le manifestazioni crebbero a tal punto che il 2 ottobre dopo 9 settimane di sciopero studentesco, 15.000 studenti di varie università marciarono per le vie della città, protestando contro l’occupazione del campus. Al calare della notte 5.000 studenti e lavoratori, molti dei quali con la famiglia, si raccolsero nella Plaza de las tres Culturas di Tlatelolco.
Alla fine della giornata le forze militari e politiche con carri blindati e veicoli da combattimento circondarono la piazza e aprirono il fuoco, puntando sulle persone che protestavano o che semplicemente passavano di lì. In breve tempo una massa di corpi copriva tutta la superficie della piazza. Fra i feriti, anche la scrittrice fiorentina Oriana Fallaci, che si trovava in un grattacielo sovrastante la piazza per controllare al meglio le azioni fra manifestanti e forze dell’ordine. Ferita da un elicottero in volo, fu creduta morta e portata in obitorio, dove un prete si rese conto che era ancora viva. La giornalista riportò tre ferite d’arma da fuoco.
Il massacro continuò tutta la notte, i soldati si accamparono negli appartamenti vicini alla piazza. Testimoni riferirono che i corpi furono spostati con camion dell’immondizia. La spiegazione ufficiale fu che facinorosi armati iniziarono a sparare verso le forze dell’ordine che per difesa personale iniziarono a sparare. I media di tutto il mondo diffusero le immagini.



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