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Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


martedì 29 gennaio 2013

ATTACCHI CONTINUI PORTANO AD ABORTI IN URIF, WEST BANK

Attacchi continui portano ad aborti in Urif WB

fonte: palsolidarity.org 29 gennaio 2013 | International Solidarity Movement, Nablus, Palestina occupata

L’esercito israeliano e i coloni illegali hanno, quasi ogni giorno negli ultimi due mesi, invaso e attaccato il villaggio di Urif in Cisgiordania. Un medico locale riferisce che queste azioni hanno causato 17 aborti solo nel mese di dicembre, numerosi feriti, privazione del sonno e grave conseguenza per la vita normale. Gli attacchi si verificano giorno e notte. Gas lacrimogeni, proiettili ricoperti di gomma ma d’acciaio e munizioni vere sono abitualmente utilizzati dall’esercito. Il villaggio è stato obiettivo di attacchi regolari per molti anni, ma dai primi di dicembre 2012 si è registrato un aumento significativo.
Un video pubblicato mostra soldati che entrano in Urif in silenzio intorno all’una il 29 dicembre. I soldati esplodono bombe sonore, utilizzano una sirena da raid aereo e gridano attraverso un altoparlante “Urif buongiorno, svegliate tutto il paese, get up” (4,15) e poi ripetutamente usano il clacson su un veicolo militare (6: 28). Queste incursioni notturne sono diventate un evento frequente nella vita di Urif e continuano fino ad ora.
Grandi quantità di gas lacrimogeni e proiettili ricoperti di gomma/acciaio vengono utilizzati contro gli abitanti del villaggio, sempre infliggendo un elevato numero di ferite. Un locale medico – un operatore sanitario di base- riferisce che ci sono stati 17 aborti nell’ultimo mese come conseguenza diretta di questo gas. Il medico descrive come sua moglie ha perso il suo bambino non ancora nato: “Dopo che il gas è entrato nella mia casa, mia moglie ha iniziato ad avere un flusso di sangue. Siamo andati in ospedale per un’ecografia e abbiamo visto che non c’era più battito cardiaco”. Egli racconta anche di un altro caso: “La mia vicina era incinta di 8 mesi, ma dopo un attacco con i gas hanno perso anche il loro bambino “. In un borgo di appena 3000 persone, si tratta di una anomalia enorme in aborti spontanei.
Jim, un attivista  della solidarietà internazionale presente in Urif, ha osservato che “il gas è molto forte, ha un potente effetto anche da grande distanza e abbiamo visto l’esercito sparare questo gas direttamente nelle case della gente. A volte tutto il paese è in una nube di questo gas chimico “. Uno degli abitanti del villaggio descrive il gas ancora: “Mi brucia il viso e non riesco a respirare, non è come il gas normale. Con questo gas, la mia vista viene  interessata, tutto è sfocato e mi gira la testa”. Secondo altri abitanti del villaggio, il gas colpisce anche gli animali. Otto pecore sono morte dalla sua inalazione, una mucca incinta ha abortito e poi è morta al un parto successivo. Il gas sembra anche aver inflitto la morte a molti cuccioli appena nati.
I coloni di Yitzhar, vicino insediamento illegale, regolarmente prendono a sassate la scuola locale e inveiscono contro i bambini all’interno. Di recente, l’esercito ha sparato gas lacrimogeni nella scuola, mentre i bambini erano seduti per i ​​loro esami di fine anno. Il giorno di Capodanno un matrimonio è stato attaccato con gas e un uomo malato di mente è stato colpito con un proiettile rivestito di gomma-acciaio, come gli abitanti del villaggio hanno riferito agli attivisti internazionali. Il proiettile gli è rimasto nella gamba, da quanto vicino era il tiro. Il 10 gennaio i coloni stavano sparando proiettili veri, lanciando pietre, sradicando alberi di ulivo e hanno attaccato due case. Uno scenario simile si è verificato nel villaggio di Qusra, con i coloni di Kodesh Esh e degli insediamenti illegali di Qida attaccare allo stesso tempo in cui l’attacco a Urif era in corso, aumentando così la possibilità che questi erano attacchi coordinati.
Ulteriori attacchi contro la popolazione locale di Urif potrebbero portare ad aborti spontanei ancora di più e ad altri problemi di salute. “L’esercito deve fermare immediatamente tutti gli attacchi sul paese, tra cui l’uso intenso di gas lacrimogeni e di corse notturne, e prevenire tutti gli attacchi dei coloni,” concludono gli attivisti della solidarietà internazionale che monitorano la zona circostante a Nablus. 



Fonte:


E' ALLARME FEBBRE SUINA IN CISGIORDANIA

I morti in poche settimane sono stati 25. Le autorità sanitarie insistono per vaccinazioni di massa. Oltre 700 i casi di infezione da H1N1 in Cisgiordania, 20 a Gaza.


martedì 29 gennaio 2013 10:08



Ramallah, 29 gennaio 2013, Nena News - E' allarme febbre suina nei Territori occupati palestinesi. Le autorità sanitarie locali chiedono alla popolazione di vaccinarsi di fronte ad un bilancio di morti per il virus H1N1 che è salito in Cisgiordania a 25. Il numero delle persone ammalate è superiore a 700. Altri 20 palestinesi contagiati dalla febbre suina sono stati identificati a Gaza, dove si sono gia' avuti tre morti.

«Occorre procedere subito alla vaccinazione», ha avvertito Asad Ramlawi, direttore generale per la medicina di base del ministero della salute palestinese di Ramallah. L'Anp ha scorte sufficienti di vaccino e sino ad oggi sono stati vaccinati 50mila residenti della Cisgiordania ma molte persone, come i malati di cuore e alle vie respiratorie, sono ancora senza una adeguata protezione. Già nel 2009, anno della maggiore diffusione del virus H1N1 nel mondo, morirono decine di palestinesi.

Anche in Israele il contagio è elevato, gli ospedali riferiscono di avere difficoltà ad assistere un numero eccezionale di ammalati (anche da influenza comune), ma la mortalità è stata sino ad oggi contenuta grazie ai programmi di vaccinazione eseguiti in passato. Nena News



Fonte:

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=49355&typeb=0&E-allarme-febbre-suina-in-Cisgiordania 

AL-ASRA E BAB AL-SHAMS: LA SFIDA DELLA NUOVA RESISTENZA

Nasce un nuovo villaggio, subito distrutto dall'esercito di Tel Aviv. Con la nuova creativa forma di protesta giunge la rinnovata partecipazione del popolo palestinese. 

martedì 29 gennaio 2013 10:05


  di Emma Mancini

Betlemme, 29 gennaio 2013, Nena News - Un terzo villaggio palestinese è nato, stavolta a Jenin, Nord della Cisgiordania. E anche questo è diventato immediato target delle forze militari israeliane. Dopo Bab al-Shams, in area E1, e Al-Karamah, a Gerusalemme, la resistenza popolare palestinese prosegue con convinzione e senza timori di sorta nel cammino intrapreso poche settimane fa e che sta trasformando il volto del movimento di base.

Sabato la polizia di frontiera israeliane ha compiuto un violento raid nel neonato villaggio di Al-Asra ("prigionieri", in arabo), sorto per protestare contro la confisca di terre palestinesi e la detenzione illegale dei prigionieri politici palestinesi. Negli scontri, i soldati hanno lanciato proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro gli attivisti palestinesi, per lo più residenti nel vicino villaggio di Anin. Numerosi i feriti, dieci gli arrestati: tra loro il fratello di Yousef Yassin, uno dei detenuti attualmente in sciopero della fame contro la misura cautelare preventiva della detenzione amministrativa.

Secondo un portavoce dell'esercito israeliano, "circa 200 palestinesi hanno lanciato pietre ai soldati che hanno disperso la folla. Nessun ferito, nessun arresto".

"Anin è stato il primo villaggio seriamente danneggiato dalla costruzione del Muro. La maggior parte delle terre di Anin sono rimaste isolate, irraggiungibili, al di là della barriera. Una situazione che va avanti da dieci anni", spiega Jamal Juma, coordinatore della campagna palestinese Stop the Wall.

Ad annunciare la nascita del villaggio di Al-Asra era stato sabato il ministro per i Prigionieri, Issa Qaraqe. Immediato il sostegno dell'Autorità Palestinese e del governatore di Jenin, che ha tentato di entrare nel neonato villaggio ma è stato bloccato dalle forze militari israeliane.

Al-Asra è l'ultimo esempio del nuovo corso della resistenza popolare nonviolenta palestinese. Non più solo manifestazioni, ma creazione di atti concreti: villaggi, tende e la rinnovata partecipazione della popolazione palestinese, negli ultimi anni sostituita da attivisti israeliani ed internazionali nelle tradizionali proteste del venerdì.

La nuova creativa forma di protesta contro le politiche di annessione perpetrate dalle autorità israeliane sta riscuotendo il successo meritato, sia tra i media internazionali che all'interno della stessa società palestinese. E se da una parte i vertici israeliani ordinano ai propri soldati di aprire il fuoco contro giovani disarmati (sei le vittime negli ultimi dieci giorni, tra Cisgiordania e Gaza), forse nel tentativo di scatenare una reazione violenta, il movimento di base palestinese si riorganizza e mostra al mondo intero un volto diverso: azioni nuove, originali, brillanti, in grado di togliere la maschera alla colonizzazione israeliana e mostrarla in tutta la sua violenza.

E a chi plaude alla nuova forma di protesta, congratulandosi con la popolazione palestinese perché finalmente utilizza gli stessi mezzi dell'occupante (facts on the ground e insediamenti illegali), ricordiamo la differenza che corre tra i villaggi di Bab al-Shams, Al-Karamah e Al-Asra e gli outpost illegali israeliani, come Migron. I primi sono villaggi palestinesi costruite su terra palestinese, i secondi sono insediamenti israeliani nati dalla confisca di terre di proprietà del popolo palestinese. Nena News



Fonte:

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=49352&typeb=0&Al-Asra-e-Bab-al-Shams-la-sfida-della-nuova-resistenza 

ISRAELE E LA PALESTINA DIETRO LE SBARRE

Quattro prigionieri proseguono lo sciopero della fame. Ashraf Abu Dhra muore dopo una detenzione di sei anni. E Ramallah denuncia Israele alle Nazioni Unite. 


martedì 29 gennaio 2013 09:15



dalla redazione

Betlemme, 29 gennaio 2013, Nena News - La battaglia degli stomaci vuoti non si è mai fermata. Prosegue lo sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. E mentre Samer Issawi digiuna da oltre 180 giorni, e Jazzer Ezzidine, Yousef Yassin e Tarek Qa'adan da quasi 60 giorni, c'è chi muore per le condizioni di vita dietro le sbarre.

Pochi giorni fa, Ashraf Abu Dhra è morto dopo cinque mesi dal rilascio. Aveva 29 anni, di cui gli ultimi sei e mezzo passati nel carcere israeliano di Ramle, in isolamento. Ad ucciderlo potrebbe essere stata la mancanza di cure mediche: malato di distrofia muscolare, Ashraf non è stato mai autorizzato dall'amministrazione carceraria ad accedere ad adeguati trattamenti. Una mancanza che lo ha costretto su una sedia a rotelle e, poco tempo dopo la sua liberazione, lo ha portato alla morte.

Nel 2008, l'associazione israeliana Physicians for Human Rights aveva presentato una petizione ad un tribunale israeliano nella quale si chiedeva di imporre alla prigione di Ramle il ricovero di Ashrag: la corte ha approvato la richiesta, ma la clinica del carcere ha sempre ignorato la sentenza giudicando le cure "non necessarie".

Secondo i dati forniti dalle associazioni per la tutela dei prigionieri, dal 1967 - anno di inizio dell'occupazione militare dei Territori Palestinesi - oltre 200 detenuti sono morti nelle carceri israeliane. Oltre 800mila palestinesi sono stati arrestati negli ultimi 46 anni, il 40% della popolazione maschile palestinese e il 20% di quella totale. Non c'è famiglia che non abbia avuto o abbia tuttora un suo membro dietro le sbarre di una prigione israeliana.

Ad oggi, gennaio 2013, Israele tiene dietro le sbarre 4.656 prigionieri politici palestinesi: 310 di loro sono incarcerati in detenzione amministrativa - senza processo né accuse ufficiali - e 193 sono minorenni (di cui 23 hanno meno di 16 anni). Tredici detenuti sono membri del Consiglio Legislativo Palestinese, il parlamento dell'Autorità Palestinese.

Le condizioni di detenzione sono pessime. Come riportato da Addameer, la più importante associazione palestinese per la difesa dei prigionieri politici, i detenuti sono soggetti a diverse forme di tortura, tra cui l'isolamento prolungato, interrogatori di 12 ore, deprivazione del sonno e minacce di morte contro familiari.

A tutela dei prigionieri politici palestinesi è intervenuta anche l'ANP: ieri il ministro per i Prigionieri, Missa Qaraqe, ha annunciato l'invio di una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu contenente una denuncia ufficiale contro le autorità israeliane per le disumane condizioni di vita nelle carceri e le misure detentive illegali a cui sono sottoposti i detenuti palestinesi.

"La lettera sottolinea la situazione critica dei prigionieri in sciopero della fame che potrebbero morire in qualsiasi momento - ha spiegato il ministro - Se si permetterà che questo accada, si tratterà di un nuovo crimine per mano israeliana. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere di tutte le questioni: le condizioni di salute, l'assenza di processi equi e in alcuni casi la totale mancanza di processi, il divieto di ricevere le visite dei familiari; le aggressioni all'interno delle carceri, l'isolamento, la detenzione amministrativa e la detenzione di minori". Nena News
 Fonte:


ISRAELE SOMMINISTRAVA UN CONTRACCETTIVO PERICOLOSO ALLE DONNE ETIOPI A LORO INSAPUTA

Israele, stato razzista, ha fatto sterilizzare le donne della comunità etiope di Israele a loro insaputa: un funzionario del governo ha riconosciuto per la prima volta la pratica della iniezione con il contraccettivo a lunga durata Depo-Provera a donne di origine etiopica a loro insaputa . Il Depo-provera è uno dei più controversi anticoncezionali in circolazione, creato nel 1969 ma autorizzato negli Stati Uniti solo dal 1992, utilizzato massicciamente in Africa per la pervicace volontà dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. Un nuovo studio è venuto a confermare che l’uso di questo contraccettivo, sospettato di deprimere le difese immunitarie, raddoppia il rischio di contrarre l’Aids sia da parte di donne sane che hanno rapporti con uomini infetti, sia da parte di uomini che hanno rapporti con donne infette che stanno facendo uso del Depo Provera.
Circa sei settimane fa, su Educational Gal un giornalista del Centro Televisivo Gabbay ha rivelato i risultati di interviste con 35 immigrate etiopi. La testimonianza delle donne potrebbe contribuire a spiegare il calo di quasi il 50 per cento negli ultimi 10 anni del tasso di natalità della comunità etiope di Israele. Secondo il programma, mentre le donne erano ancora in campi di transito in Etiopia sono state intimidite o costrette a prendere l'iniezione. "Ci hanno detto che sono vaccinazioni", ha detto una delle donne intervistate... l'abbiamo preso ogni tre mesi, abbiamo detto che non volevamo..."