Perchè questo nome:

Credo che la verità vada urlata contro ogni indifferenza mediatica e delle coscienze. Perciò questo è uno spazio di controinformazione su tutto ciò che riguarda le lotte sociali. Questo blog è antisionista perchè antifascista. Informatevi per comprendere realmente e per resistere.

Donatella Quattrone


lunedì 8 ottobre 2012

Amnistia… la parola e… il senso

 

L’amnistia per i detenuti e le detenute delle carceri di questo paese probabilmente non si farà. Nonostante il sovraffollamento: circa 69.000 detenuti e detenute in celle che ne potrebbero contenere al massimo 43.000 e le sofferenze che questo ingorgo di corpi impone a ciascuno e ciascuna, il governo risponde:  “non ci sono i numeri in Parlamento”. Vuol dire che non c’è la volontà politica da parte dei gruppi parlamentari, ossia dei partiti. A loro va bene che i poveri, gli ultimi della terra muoiano di galera. Si indignano soltanto quando uno  di loro, raramente, attraversa quei cancelli.  
Dunque, niente amnistia, ma il solo pronunciarla ha fatto rizzare i capelli in testa alla congrua pattuglia, delle avanguardie forcaiole d’Italia.
Provo dunque a ricordare ai saputelli della carta stampata qualcosa sul significato della parola “amnistia” .
“Amnistia”, dal greco amnēstia,  A/MNĒME, nega/memoria: oblio, remissione.
Concetto per certi versi simile al greco biblico  iobelaios, l’anno che cade ogni 50. Annum iubilaeum: in cui al suono del corno del capro “yobèl” venivano rimessi, nel mondo ebraico, i debiti di tutti gli uomini.
La storia ricorda l’ateniese Trasibulo (vincitore nella battaglia di Atene contro i trenta arconti (tiranni) che decretò l’amnistia generale. La prima amnistia che di cui abbiamo memoria, nel Settembre 403 prima dell’età volgare  (p.E.V.)
L’amnistia è un oblio parziale, un’amnesia, ma è un oblio consapevole

Bisogna saper ricordare, saper comprendere le ragioni e i motivi dei fatti e dei comportamenti che si vogliono obliare.
Significa ricordare senza restar schiavi delle pulsioni vendicative.
Ci vogliono istituzioni salde e che godano di un certo consenso, ci vuole dignità e onestà di gran parte della società, per fare i conti con una realtà di dure contese e di comportamenti travolgenti le regole sociali, causati da malessere e sofferenza che si vogliono, o almeno si spera, superare. Ci vuole capacità di non farsi inghiottire dai ritmi affannosi della cecità quotidiana. Ci vuole consapevolezza e coscienza profonda.
L’amnistia concerne la memoria, il ricordare. È una categoria che sta dentro il rapporto tra presente e passato. Il ricordare è un’opera che contempla la selezione dei ricordi.
Gli aggregati umani hanno sempre costruito la propria identità intorno alla battaglia del ricordare. La formazione dell’identità individuale di una donna o un uomo e di quella collettiva di una società si costruisce dentro la battaglia della “memoria”.
 

La memoria è dunque un campo di battaglia dove si lotta per la conquista del passato, per la sua riscrittura o il suo stravolgimento; dove si esaltano degli eventi e se ne sviliscono altri; a volte di sana pianta si “inventa la tradizione”.
Ricordo e dimenticanza: due poli contraddittori della memoria, che esistono strettamente avvinghiati in una lotta senza fine. Sul terreno rimangono i ricordi: annientati, stravolti, ingigantiti, travisati, inventati. Esemplare il caso delle società costruite dalla colonizzazione di gruppi umani provenienti da altre terre: il nome delle prime città che i coloni fondano ricevono il nome delle città lasciate per emigrare (New Amsterdam, poi New York, ecc.), ma anche costruendo imponenti commemorazioni per scolpire nelle coscienze dei nuovi arrivati la loro “storia condivisa”.
Il ricordare è in realtà un dimenticare selettivo: i ricordi si selezionano, ciascuna e ciascuno di noi decide quello che va ricordato, quello che va esaltato e quello che va dimenticato. Lo decide la nostra collocazione nel presente, se abbiamo lo sguardo rivolto in avanti teso a costruire qualcosa di importante; immobile e ottuso se rimane imprigionato in un cieco passato che si attorciglia in spire di rivincite, ritorsioni, rappresaglie, vendette, castighi.
L’accanimento del passato non permette di vivere il presente per andare avanti. 

La dittatura del passato non aiuta nel presente, tiene legati gli umani in una faida senza fine tra potere statuale e persone.
Il rifiuto dell’amnistia svela la fottuta paura di ricordare, di ripercorrere gli aspri contesti sociali e politici che necessitano di amnistia.
L’alternativa non è tra ricordare molto e dimenticare poco, o viceversa; il nostro compito è capire che direzione deve prendere il passato: dove dirigersi, che spazio occupare tra gli individui, tra i soggetti sociali, tra le classi, in quale interstizio inserirsi. Purché non continui a restare monopolio esclusivo del potere.
Cerchiamo di non restare irretiti nel labirinto del passato e poi trovarci a domandare, come Alice, (quella nel Paese delle Meraviglie): “per dove si esce”? potrebbe non esserci uscita!

Fonte:

http://contromaelstrom.com/2012/10/05/amnistia-la-parola-e-il-senso/

8 ottobre 1967: Hasta siempre Comandante


Lunedì 08 Ottobre 2012 05:20 
Quanto si sa degli ultimi giorni del Che, e della sua morte, sono passati alla storia attraverso il suo celebre diario in Bolivia.
8 ottobreLe informazioni che ci arrivano,riguardo alle ultime giornate di Guevara sono sicuramente drammatiche e finiscono il giorno prima della sua cattura.
E` l`8 ottobre 1967 ed oramai da giorni la colonna dell'Esercito di Liberazione Nazionale Boliviano ,guidata dal Che, è circondata nella zona montuosa del quebrada del Yuro. Dopo una feroce battaglia con l'esercito Boliviano, supportato da una squadra di Rangers e dalla CIA, il Che viene catturato dopo essere stato ferito.
Tenuto prigioniero fino alla mattina dopo viene ucciso da diversi colpi di pistola dal soldato Mario Teràn, scelto a caso fra la truppa per fare da giustiziere.
Dopo l'esecuzione, il Che viene fotografato ancora con gli occhi aperti. Quelle foto della salma del guerrigliero più famoso del mondo, e divenuto ormai leggenda, fanno subito il giro del globo.

Ad aver comunicato la probabile posizione dei guerriglieri alle autorita' Boliviane e' stato un contadino, ma a condurre l`operazione di catura e' l`agente della CIA Félix Rodríguez. Negli anni a venire quest`ultimo non manchera'  mai occasione per vantarsi davanti ai giornalisti del proprio crimine.
La guerriglia in Bolivia e il tentativo di innescare un processo rivoluzionario in Bolivia da parte del Che, comunque supportato da tutto il governo rivoluzionario cubano, non fu un successo fin dal principio.
Infatti,da subito, i nuclei guerriglieri non trovarono l`appoggio della popolazione contadina, ne il supporto promesso dal Partito Comunista Boliviano. Solo alcuni dirigenti e membri di esso, trasghediranno alle direttive del partito per unirsi alla guerriglia.
La figura di Che Guevara, forse anche a causa della sua tragica morte, e' diventatata ed e' tuttora una parte importante dell`imaginario di rivolta e rivoluzione in Sud America ed in tutto il mondo.
I suoi scritti sulla guerra di guerriglia (tra cui anche il diario boliviano) sono delle pietre miliari per la tattica militare, ed ancora oggi sono fra i testi piu' importanti per capire il senso e i meccanismi della guerriglia come strumento politico.

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2825-8-ottobre-1967-hasta-siempre-comandante